venerdì 30 luglio 2010

Economia solidale, gli acquisti si fanno con gli SCEC

Nei suoi tre anni di vita ha già fatto tanta strada, e oggi è diffuso in 11 regioni italiane, conta 10mila iscritti di cui 2mila tra aziende, professionisti e artigiani locali. Lo Scec, l’acronimo sta per Solidarietà ChE Cammina, ha l’aspetto di una banconota ma “non è una moneta locale né ha un valore monetario”, racconta Pierluigi Paoletti, presidente dell’associazione Arcipelago Scec, il coordinamento delle organizzazioni nate nelle diverse regioni per promuovere questa nuova forma di economia solidale. “E non è neppure un semplice sconto o una delle tante operazioni pensate per favorire il commercio”, precisa Paoletti, che ha lasciato il suo lavoro di analista finanziario “per incompatibilità” e che dal 2008 si dedicata interamente, e in maniera completamente volontaria, alla diffusione dello Scec e alla promozione di quell’economia locale e “virtuosa”, che spesso non riesce a emergere dalla “marginalità”. Lo Scec è piuttosto una moneta complementare o, per dirla con Paoletti, “una riduzione di prezzo, uno sconto che gli associati si fanno reciprocamente come atto di solidarietà verso la comunità, dove ognuno fa un passo indietro per il benessere di tutti”.

Gli Scec non sono dunque un’alternativa all’euro, ma buoni complementari che danno diritto a una riduzione di prezzo sui servizi e sulle merci offerti da professionisti, commercianti e artigiani i quali hanno deciso di aderire al circuito. Per una questione di praticità uno Scec equivale a 1 euro, ma ovviamente i buoni non sono convertibili e possono soltanto passare di mano i mano. Al momento dell’iscrizione le famiglie o i singoli cittadini ricevono 100 Scec, che potranno “spendere” presso le attività dei circuito. Da parte loro, i produttori, i commercianti e gli artigiani stabiliscono l’ammontare dello “sconto” da effettuare su prodotti e servizi, che generalmente va tra il 5 e il 30% del prezzo complessivo. E chi riceve un buono può a sua volta utilizzarlo per fare acquisti dalle altre imprese del territorio che fanno parte del circuito. Il fine del progetto è, infatti, proprio quello di indirizzare gli acquisti verso la piccola distribuzione e le imprese locali, promuovendo l’economia legata al territorio.

scec 1

Attualmente l’iniziativa è presente in 11 regioni e 14 “isole territoriali”, che a loro volta coordinano “porti”, “paesi” e “borghi”. E le riduzioni di prezzo si possono ottenere su ogni sorta di prodotto e servizio: da hotel e bed and breakfast a ristoranti e trattorie, dalle lavorazioni in ferro battuto ai tagli di capelli, dall’abbigliamento alla realizzazione di siti web, dai servizi fotogiornalistici ai massaggi reiki. “Oggi siamo circa 100 persone che dedicano buona parte del loro tempo allo sviluppo e alla diffusione dello Scec – racconta Paoletti –. Tra loro ci sono commercialisti, avvocati e programmatori di software che hanno lavorato gratuitamente. Ci siamo conosciuti sulla rete, il mondo è piccolo quando ti occupi di economia sociale”.

Ma lo Scec fa parte di un progetto più ambizioso, che mira ad aiutare quei settori penalizzati dalla grande distribuzione. “Un’esperienza in questa senso è quella degli Empori, che una volta vendevano di tutto: dai chiodi al pane fino ai detersivi – prosegue il presidente di Arcipelago Scec. – Quindi l’Emporio può tornare ad essere il luogo dove tutti i prodotti del territorio trovano spazio e collocazione”. L’idea, infatti, è quella di una “struttura neutra”, dove i prodotti agroalimentari possano essere venduti e trasformati. Una volta pagati i costi di gestione, l’Emporio retrocede alle imprese fornitrici gli utili derivanti dalla vendita e dalla trasformazione dei prodotti, riuscendo allo stesso tempo anche a contenere i prezzi al pubblico. “In questo momento – sottolinea Paoletti – abbiamo alcuni Empori in fase di realizzazione: a Crotone in Calabria, dove è stato avviato un progetto in collaborazione con la provincia, la curia, la scuola e l’università della Calabria, ma anche a Capannoli in Toscana e a Cerveteri nel Lazio, dove stiamo lavorando insieme alle fattorie sociali”.

ARticolo visto su affaritaliani.it

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